Questa piccola grande opera

 

Già dal suono che viene da associare al suo acronimo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza non promette bene. Le bozze che sono scaricabili in rete confermano che si tratti di qualche cosa deluderà le aspettative di una rapida ripresa economica sotto il segno di una nuova solidarietà europea e di un green deal. Dal mio punto di vista, i criteri con cui dovrebbero essere selezionate le misure sono i seguenti: riduzione degli impatti ambientali, crescita economica, riduzione dell’esposizione verso l’estero, rapidità nell’implementazione. Se, per esempio, s’intende massimizzare la riduzione degli impatti negativi nel campo del settore trasporti, è necessario concentrare gli interventi sulla mobilità quotidiana, termine che io preferisco a quello quasi sovrapponibile di mobilità urbana, stante che oramai stabilire esattamente cosa s’intenda per città è ogni giorno più difficile. È questo segmento di domanda mobilità che determina la quota maggiore degli impatti negativi proveniente dai trasporti. Di conseguenza, in un’ottica green, è questo l’ambito d’intervento in cui è necessario agire con maggiore intensità. Dal punto di vista macroeconomico gli investimenti pubblici in infrastrutture sono l’opzione più efficace quando ci si confronti con una riduzione consistente della domanda aggregata. D’altro canto, a meno di non finanziare con il Pnrr solo interventi già programmati e cantierabili nell’immediato, è raro che interventi di questa natura possano contribuire a quello stimolo economico a carattere congiunturale per cui il Recovery Plan è concepito.

Dunque, come indirizzare i finanziamenti del Pnrr affinché possano garantire di raggiungere più obiettivi contemporaneamente? Come approfittare di queste risorse aggiuntive per compiere un balzo in avanti per la sostenibilità del settore trasporti? Un esempio in questo senso ce lo offre una misura d’intervento che purtroppo non è presente nelle bozze di Pnrr che sino ad oggi sono circolate. Ma facciamo prima un passo indietro…

Il trasporto stradale legato agli spostamenti quotidiani, costituito principalmente di auto di proprietà che ogni giorno si muovono per brevi tragitti, è la principale fonte di impatti negativi, sia sociali che ambientali, del settore dei trasporti. Qualunque sia l’impatto che s’intenda limitare, ciò che va perseguito è la riduzione dell’uso dell’auto, in particolare in ambito urbano dove sono maggiori gli impatti, la popolazione esposta ma anche le alternative al suo uso.   Difficile ridurre l’uso dell’auto in città se non si mette mano a come è strutturata la sede stradale che ne accoglie il movimento e la sosta. Questo spazio versa oggi in pessime condizioni di manutenzione in tutte le sue componenti: dal manto stradale al verde, dall’arredo urbano alle opere d’arte più rilevanti come ponti, sottopassi, opere di contenimento etc. e necessita, un po’ ovunque, d’importanti interventi di manutenzione straordinaria. Con un’unica misura strategica che interessi capillarmente e progressivamente l’intera rete viaria in ambito urbano, è possibile da una parte porre mano a un’emergenza nazionale, creata da anni di colpevole sottoinvestimento, e dall’altra modificare lo spazio pubblico per promuovere un nuovo modello di mobilità, basato sull’uso di più mezzi e modalità di trasporto, oltre l’auto.

Le soluzioni tecniche d’intervento in questo senso sono oramai consolidate da alcuni anni e la loro stella polare è, banalmente, la riduzione dello spazio dedicato alle auto – sia in movimento che in sosta – per concederlo ad altre soluzioni di mobilità più sostenibili. In questo modo è possibile concedere maggiore spazio a chi oggi ne occupa poco o per niente, invertendo l’ordine d’attribuzione sino ad oggi consolidato: prima chi va a piedi, poi biciclette e tutti i mezzi del trasporto pubblico – sia di linea che non di linea, come taxi e servizi di sharing mobility – e solo in ultimo l’auto di proprietà, che spesso viaggia con una sola persona a bordo. Di fatto, si tratta di riconfigurare lo spazio pubblico delle nostre strade in termini diversi da come è stato fatto sino ad oggi, anche per la componente della sosta, in particolare quella a bordo strada. Una simile tipologia d’intervento, attuata sistematicamente in tutte le principali città italiane, comporterebbe la realizzazione di una grande quantità di opere di piccole e medie dimensioni, ad alta intensità di lavoro, certamente realizzabili nell’arco di un quinquennio e si configurerebbero come una (piccola) grande opera strategica per il paese.

FacebookTwitterLinkedInEmailGoogle GmailBookmark/Favorites

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.