Nella Sintesi del 1° Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility che abbiamo appena terminato con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, è inserita alle conclusioni una breve riflessione sul “caso studio” di Milano.
Milano è, senza ombra di dubbio, la realtà più “avanzata” per la Sharing mobility in Italia e dov’è possibile percepire in termini paradigmatici cosa significhi il passaggio da una mobilità basata sull’uso di veicoli di proprietà ad uno in cui si predilige l’accesso al servizio. L’incremento in pochi anni di utenti, percorrenze, veicoli e servizi di Sharing mobility, indica una chiara capacità della nuova offerta di intercettare le esigenze reali della popolazione in termini di convenienza, comfort, praticità ma anche l’esistenza di una specificità del contesto milanese che facilita l’accoglienza dei nuovi servizi e su cui è utile riflettere.Tra gli elementi di contesto non vanno certo sottovalutati i caratteri peculiari del capoluogo lombardo. Ciò nonostante, emerge una correlazione molto forte tra il diffondersi di nuove pratiche di mobilità e le politiche urbane adottate a Milano nel negli ultimi due decenni. Tra le condizioni abilitanti vi sono le misure di disincentivo all’utilizzo dell’auto privata, combinate con la contemporanea promozione del trasporto pubblico, della mobilità ciclistica e pedonale, a loro volta combinate con l’adozione di un modello urbano di riferimento che privilegia una città densa e compatta in cui le più importanti funzione urbane sono concentrate nelle aree centrali della città, anche riutilizzando le grandi aree industriali dismesse.
Queste politiche si traducono in una ripartizione modale equilibrata in cui l’uso dei veicoli di proprietà non è più predominante. Secondo quanto analizzato dall’agenzia per la mobilità milanese (Amat), nel 2015 solo un terzo degli spostamenti interni al Comune di Milano[1] (24,8% in auto e 6% in moto/scooter) sono stati effettuati con mezzi di trasporto individuali mentre la grande maggioranza venivano svolti con il trasporto pubblico (46,7%) e in biciletta (22,4%). Si tratta di una ripartizione modale comparabile con quelle delle migliori realtà urbane mondiali con effetti positivi anche sul tasso di motorizzazione: oltre il 35% dei nuclei famigliari di Milano non possiede autovetture, mentre solo il 15% dispone di due o più auto.
E’ dunque nel quadro di un uso e di un livello di proprietà così basso del mezzo individuale che a Milano si inserisce, negli ultimi anni, il nuovo fenomeno della Sharing mobility. Ma, ad oggi, anche nella realtà italiana più avanzata e favorevole al loro sviluppo, i nuovi servizi di mobilità condivisa rappresentano ancora una “nicchia” del mercato del trasporto milanese: l’1,3% degli spostamenti complessivi che si effettuano in un giorno a Milano in auto vengono effettuati in carsharing, mentre la stessa percentuale riguarda la quota degli spostamenti in bikesharing.
La crescita esponenziale dei servizi di carsharing Free Floating avvenuta negli ultimi tre anni lascia intendere che questa quota aumenterà notevolmente nel prossimo futuro. Dalle indagini svolte dall’Osservatorio su un campione di mille residenti milanesi, la propensione all’utilizzo di questi servizi da parte dei non utilizzatori è molto alta e questo implica che vi saranno ancora margini importanti di crescita. I nuovi servizi di Sharing mobility infatti sono in grado d’intercettare, già oggi, una domanda di mobilità che intende fare a meno di utilizzare il proprio mezzo di trasporto e questa tendenza, osservabile in tutte le società industriali avanzate, è destinata a consolidarsi ulteriormente.